afNews 2 Novembre 2023 08:08

“Devii moriiire!”

Il canto veniva intonato in forma di coro dalle tifoserie (spesso rappresentazioni evidenti della crudele demenza umana). Coro inutile, in quanto inno alla Monsieur de La Palice (che tuttavia non era per nulla lapalissiano – vedi nota in coda), condensato di ovvietà banale: è risaputo che tutti dobbiamo morire. Non per niente te ne parlo oggi ch’è il giorno di Tuttimmorti, che sempre segue a Ognissanti.
La fedelissima morte ci accompagna fin dal concepimento, naturale altra faccia della moneta della vita, giacché il riciclo degli atomi tutti, è alla base del rinnovamento della vita nel nostro mondo e, per quanto noi già si ricicli le nostre cellule di continuo, a un certo punto ci tocca renderle tutte quante in una botta, senza riuscire più a replicarne altre.
Talmente ovvio e obbligatorio ci pare, che (in letteratura, in filosofia, in poesia ecc.) usiamo l’inesorabile morte per dare maggior pregnanza alla nostra vita (in ogni caso breve: è subito sera)…
Per carità, ognuno di noi può illudersi, se vuole, di essere un immortale, giacché la morte certa è solo quella altrui: di quella del nostro corpo non v’è certezza finché non accade.
In ogni caso “ricordati che devi morire” (“mo’ me lo segno proprio“) è un promemoria superfluo e, come si diceva, lapalissiano. Ma chi se lo dimentica? Non è nemmeno una profezia: è una certezza.
Semmai dovremmo ricordarci gli uni gli altri di Vivere. Tanta parte della vita sfugge via che manco te ne accorgi, salvo poi ripensarci, in forma di ricordo e rimpianto. Allora “Ricordati di Vivere”, e di godertela al meglio possibile, ‘sta vita breve, che ti ci son voluti grosso modo 5 miliardi di anni per averla a disposizione.
Il magnifico Lorenzo non poteva sapere quanto ci fosse voluto per avere un corpo umano in cui vivere una vita, tuttavia anch’egli aveva capito che del doman non c’è certezza, per cui chi vuol essere lieto, sia.
L’unica certezza, si dice, è la morte. Ma nel frattempo, vivi, non limitarti a sopravvivere! Qualche briciola erratica ed evanescente di felicità si può cercare di afferrarla, prima di rendere tutti gli atomi del nostro corpo al ciclo naturale. E, come talora dico, “meglio che niente, è meglio che niente“.
A dirla tutta, tra le mie personali e numerose “perle di saggezza impopolare”, c’è anche “chi si contenta… si contenta“, sulla differenza tra Vivere e sopravvivere, e “chi non muore… non muore“, e anche “chi muore… muore“, e altri miei aforismi tronchi come: chi c’è, c’èchi cerca, cercachi vivrà… vivràmeglio un uovo, oggi e via così, in modo che una risata ci seppellirà. Vivi!
(No, non “ci seppellirà vivi” – è un esortativo e prima c’è il punto. Fine. Punto. Eh…)
Orsù “Ricordati di Vivere!” e di ridere. E anche di condividere, dai.


“Ci-gît Monsieur de La Palice. Si il n’était pas mort, il ferait encore envie.” Venne scritto sulla tomba di Jacques de La Palice, ucciso a tradimento dopo la resa.
Erroneamente, in seguito, l’epitaffio venne letto come “… si il n’était pas mort, il serait encore en vie”, diventando simbolo dell’ovvietà tautologica (lapalissiano) senza che il signor de La Palice ne avesse colpa alcuna.


Bonus extra:


 


Scopri di più da afNews

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.

Questo articolo è stato inserito da:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *