afNews 8 Gennaio 2024 20:23

L’animazione ungherese conquista il Torino Film Festival.

Durante la 41° edizione del Torino Film Festival sono stati mandati quattro lungometraggi animati e un cortometraggio.
È stata la prima volta che l’animazione era presente in quantità così elevata, arrivando anche a vincere un premio, quello per la migliore sceneggiatura, con il film franco-italiano “Linda veut du poulet”, proiettato con una presentazione della regista Chiara Malta durante la prima giornata del festival (si è parlato della proiezioni in questo articolo).
Altro lungometraggio animato è stato “Robot Dreams”, un film spagnolo  diretto da Pablo Berget. Il film è l’adattamento di una Graphic novel americana omonima realizzata da Sarah Varon e pubblicata nel 2007 e riesce a mantenerne la magia e a raccontare con umorismo, poesia e ottimismo una storia che parla della difficoltà di trovare amici da adulti e del perdli ma continuare a andare avanti senza rimpianti. Un film pieno di vita che fatto in un altro modo sarebbe probabilmente molto triste.
Durante il festival tra i cortometraggi è stato presentato in anteprima “Due battiti” di Marino Guarnieri, unico cortometraggio animato in concorso nel festival.
Realizzato da Mad Entertainment, la storia racconta di una ragazza, che dopo essere uscita da una relazione importante è tornata a vivere da sua madre. Lei tenta di incoraggiarla a riprendere a dipingere, ma saranno una serie di strani sogni e la sensazione di essere in contatto con qualcosa di grande e nuovo a farle riprendere in mano i pennelli.  Aprendola a un modo di rappresentare fantastico che non aveva mai sperimentato.
Realizzato in CGI con l’abilità artistica per cui lo studio è famoso (sono probabilmente tra i migliori a usare Blender al mondo). Anche se c’è molto dialogo e il messaggio finale va estrememente nel sentimentale, il cortometraggio ha momenti di grande animazione e poesia e si fa amare per i suoi personaggi, davvero pieni di umanità, e la bellezza artisitica.
Ma il paese che ha dato maggior lustro di se nell’animazione è stato l’Ungheria, presente con due lungometraggi di altissima qualità.
Il primo mostrato al TFF è stato il documentario animato “Pelikan blue” (Kék pelikan) di László Csáki. Questo racconta la storia di tre amici che alla fine degli anni ’80, dopo l’apertura dell’Ungheria al resto del mondo, vogliono visitare l’Europa e non avendo soldi studiano un modo per falsificare un biglietto del treno. Dopo aver viaggiato per mesi i tre tornano a Budapest, ma la storia del loro biglietto si era sparsa e amici e sconosciuti iniziavano a chiedergli di farne anche per loro. Tra la paura di essere denunciati e la voglia di fare un favore i tre iniziano a fare biglietti falsi, continueranno a farli (e a venderli) per altri dodici anni, insegnando a altri come fare, fino al giorno in cui la polizia non ferma uno dei loro è decidono di smettere.
I tre, intervistati in un bar più di dieci anni dopo, raccontano che erano riusciti a fare tutto perché per scrivere i biglietti alla stazione i cassieri usavano la carta da copiatura blu della Pelikan, che poteva essere cancellata chimicamente. Se non fosse stato così, avrebbero dovuto trovare un altro sistema.
Un film fatto dopo aver raccolto le interviste dei tre protagonisti e le testimonianze di alcune delle centinaia di persone che hanno viaggiato per l’Europa usando i loro biglietti. Persone comuni che sono state trovate metteno un annuncio sul giornale.
L’animazione è semplice e perfettamente funzionale, la regia è ottima e riesce a raccontare la vicenda spiegandola nel contesto storico mentre lo stile mischia una grafica, molto riconoscibile come ungherese, alle influenze dell’arte degli anni ottanta e novanta.
Alla fine del film la sala era stupita da quello che aveva visto e ha fatto al regista molte domande. Lui cui teneva a precisare che la falsificazione dei biglietti in Ungheria iniziò negli anni cinquanta, sotto il regime di Kadár, finendo solo quando il prezzo dei voli low cost rese superato il viaggio in treno.
Il motivo per cui ha voluto fare il film è che lui da ragazzo ha viaggiato per l’Europa grazie a questi biglietti ed è amico con le persone che li vendevano.
Voleva mostrare come la sua generazione aveva vissuto un momento importante come l’apertura delle frontiere e la frenesia che avevano di vedere il mondo il prima possibile, sotto la costante paura che tutto potesse tornare vietato da un giorno all’altro.
Per farlo ha usato l’animazione, realizzando così il primo documentario animato d’Ungheria. La cosa lo ha soddisfatto così tanto che probabilmente ne farà altri.
Questo è stato probabilmente il film d’animazione che ha sorpreso di più dell’intero festival. Un documentario, ma anche un vero racconto di vita appassionante, pieno di testimonianze in grado di restituire perfettamente il clima di un’epoca e mostrare la gente comune che aveva viaggiato da adolescenti con quei biglietti, spinta da un bisogno urgente di vedere tutto ciò che prima era vietato.
Il secondo lungometraggio ungherese presentato è stato “White plastic sky” di Tibor Bábóczki e Sarolta Szabó che venne presentato in anteprima durante il Festival di Annecy.
Un lungometraggio di fantascienza ambientato in un futuro dove ogni risorsa è stata esaurita e la terra è diventata un infinita distesa arida. L’unica città che sembra essere sopravvissuta è stata Budapest, protetta sotto una cupola di vetro e alimentata grazie a una scoperta rivoluzionaria che permette di trasformare gli esseri umani in alberi da usare per produrre alimentazione.
Ogni cittadino ha l’obbligo di consegnare se stessi alle autorità al compimento dei cinquant’anni, così da poter permettere la sopravvivenza dell’intera comunità. In questa realtà tutti vivono in una città ultramoderna che sembra perfetta, passando da feste continue a crisi di panico.
Protagonisti della storia sono una coppia in crisi dopo la perdita del figlio. La moglie soffre di depressione e ha deciso di offrire il suo corpo alla comunità in largo anticipo e il marito decide di impedirglielo, anche se dovrà andare contro ogni legge della città per farlo.
Una storia è molto seria e drammatica e fa sorgere la domanda sul se sia più importante proteggere la vita umana o la vita in generale, anche se questo significherebbe la fine dell’umanità. Un film coraggioso realizzato in disegni animati di altissima qualità e realismo che combina scenografie raffinate a animazione di personaggi personaggi basati su scene filmate dal vivo. Ma poi riprese per renderle uniformi al resto della scena, limitando l’effetto di fastidio dato solitamente dal rotoscopio.
Una storia che inizia mostrando una meravigliosa versione futuristica (e idilliaca) di Budapest, ambientazione di quasi ogni film ungherese. Una città simbolo dell’animazione di un paese in un modo che può essere paragonato solo alla Tokyo dell’animazione giapponese.
Alla fine del film, i registi hanno chiesto quanti nel pubblico pensavano che il finale fosse positivo, dopo aver contato le mani hanno detto che il pubblico italiano è più ottimista di quello francese, ma meno di quello spagnolo.
Hanno parlato delle influenze del cinema ungherese d’autore sul loro film, di quanto la situazione climatica in continuo peggioramento li abbia influenzati e come la situazione politica ungherese, anche essa in continuo peggioramento, li abbia fatti spingere sul pessimismo e abbia ispirato molte discussioni tra di loro mentre realizzavano il film.
Potendo parlare con loro, chi scrive gli ha chiesto cosa ne pensino della grande vivacità produttiva che sta avendo l’animazione ungherese in questi ultimi anni e dei molti lungometraggi e cortometraggi prodotti che stanno vincendo nei festival. Sono sicuramente felici di vedere il successo internazionale, ma hanno fatto subito notare che tutto questo avviene spesso grazie a produttori non ungheresi e mi dicono che, in realtà, da loro ci sono molte difficoltà a produrre e distribuire i film. Nonostante questo, la voglia di realizzare è grande e gli autori ungheresi riescono a trovare, negli altri paesi europei, chi può aiutarli.
Questo è tutto sull’animazione presente al TFF. Fino a un paio di anni fa tutto ciò sarebbe stato, probabilmente, mandato al Sotto18 Film Festival, dove sarebbero stati celebrati come grandi traguardi dell’animazione. Chi scrive sarebbe stato più felice se fossero stati mandati lì, ma deve ammettere che, per quanto bello, il festival per i giovani non sarebbe riuscito a portare nelle sale lo stesso numero di pubblico, registrando sempre il tutto esaurito in sala.
C’è da chiedersi se quest’abbondanza di animazione al TFF diventerà una costante. Ma per avere la risposta, bisegnerà aspettare un anno.

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