“Un uomo non è del tutto se stesso quando parla in prima persona. Dategli una maschera, e vi dirà la verità.”
Da questa citazione di Oscar Wilde, ha preso spunto l’animatore e regista Barry JC Purves per inaugurare sua applauditissima lezione odierna tenuta al Festival di Annecy, e non a caso intitolata proprio “Le Masque révélateur” (la maschera rivelatrice”).
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Realizzare pupazzi con la tecnica dell’animazione in stop motion gli ha permesso di approcciare tematiche e significati complessi e spinosi in un modo “mascherato”, appunto, che consente di colpire la mente e il cuore dello spettatore, costringendolo ad assorbire cose che altrimenti sarebbe spinto istintivamente a ignorare o a rifiutare.
“In 10 film ho parlato sempre di me stesso” – oltre alle proprie opere, Purves ha portato numerosi altri esempi di questa ‘messinscena rivelatrice’, ribadendo come il 3D digitale manchi naturalmente dell’energia materica e cinetica propria per esempio del balletto, di cui dice di considerare già le registrazioni come un’esperienza sensoriale minore in quanto priva dei tonfi e dei suoni provocati dai corpi che rimbalzano sulla scena.
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Anche la versione teatrale de “Il re Leone” Disney, secondo Purves funziona meglio del remake digitale in quanto restituisce corpo e fisicità ai personaggi, a differenza dell’asettico fotorealismo della pellicola.
La ‘maschera’, questo strumento così comune, e altrettanto deprecato, nella nostra società, serve invece, nell’opera di Purves, a liberarci, e rappresenta una parte essenziale della nostra espressione creativa,
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Nel corso dell’incontro all’artista è stato consegnato il Cristallo d’Onore del Festival: riconoscimento doveroso per un autore che ha saputo, contribuendo allo sviluppo della stop motion, essere un fondamentale pioniere delle tematiche omosessuali nel cinema di animazione. A Purves è stato anche dedicato un programma composto dai sui cortometraggi più famosi.
Per Marcel Jean, direttore artistico del Festival: – “Achilles“, diretto da Purves nel 1995, costituisce una pietra miliare nella storia della rappresentazione LGBTQ+ nell’Animazione. L’audacia del regista appare notevole sia dal punto di vista tematico che in termini di estetica e messa in scena.”
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