afNews 13 Maggio 2022 08:04

I Mondi di Tintin, in libreria! Qui un altro estratto in anteprima

In Italia è raro che si scriva su Tintin, nonostante sia uno dei pilastri della Storia del Fumetto Mondiale, e questo per banali motivi storici, cui accenno nella mia prefazione al nuovissimo saggio di Simone Rastelli, I Mondi di Tintin, appena uscito e che ti consiglio caldamente perché probabilmente diventerà un testo di riferimento per l’Italia, ed è già ordinabile anche in rete:

Disponibile su Amazon, in versione cartacea, digitale e per il servizio Kindle Unlimited e da oggi anche sullo store di Resh Stories. https://www.reshstories.com/

Resh Stories: “Di questo libro posso dire che si candida a essere una delle basi per lo studio, in italiano, dei Mondi di Tintin” dalla prefazione di Gianfranco Goria.
“Tintin ha superato i 90 anni, Hergé lo ha scritto dal 1929 al 1976: il mondo è cambiato varie volte, il fumetto stesso si è trasformato lungo questi decenni, eppure Le avventure di Tintin restano punto fermo non solo della storia, ma anche del presente della bande dessinée.” In questo libro, l’autore #SimoneRastelli offre al lettore un’attenta analisi della più famosa opera di Hergé, sottolineando come il personaggio di Tintin attraversi la Storia, riflettendone mutazioni e trasformazioni, guadagnandosi un posto d’onore nell’immaginario di intere generazioni.


Qui di seguito, per i lettori di afNews, un estratto dal saggio I Mondi di Tintin


L’avventura, l’altro, l’esotico e lo stereotipo

Nel corso delle sue indagini e dei suoi viaggi, Tintin incontra una grande varietà di cose straordinarie: le Avventure ci portano in luoghi lontani, ci fanno incontrare individui e comunità poco affini alla nostra esperienza di tutti i giorni, ci fanno vivere situazioni e relazioni marcate da un’intensità di emozioni che la vita normalmente riserva a rari momenti. Con Tintin siamo quindi pienamente immersi nel mondo dell’Avventura, la cui cifra distintiva è la messa in scena della differenza, il distacco dall’ordinarietà quotidiana, lo scarto dall’abitudine, la possibilità di osservare il mondo da una prospettiva insolita. E proprio il confronto con questo universo di differenze è il valore aggiunto dell’Avventura, valore fondante che apre le porte dell’immaginazione, della mente e del cuore e ci aiuta a non ripiegarci su noi stessi, ad aiutarci a comprendere che quel piccolo spiraglio di mondo che vediamo direttamente non esaurisce tutte le possibilità del reale. L’Avventura trasporta il lettore attraverso nuovi luoghi, nuovi scenari e gli offre un punto di vista su di essi e un percorso attraverso di essi. In maniera più o meno sottile, attraverso suggestioni, personaggi e storie, gli propone una relazione fra sé e il mondo in termini di valori, principi, ambizioni, passioni ed emozioni; indica e aiuta a costruire la sensibilità verso il nuovo, il lontano, il diverso, l’inusuale. Per i giovani lettori, l’Avventura è una finestra sul mondo, sulle sue meraviglie, potenzialità e rischi, che può mescolare brividi, ammonimenti pedagogici e incitamenti all’impresa.

"Woof?! Un Puffo qui?..." - foto di Gianfranco Goria per la serie Fumetto su Fumetto - 2022
“Woof?! Un Puffo qui?…” – foto di Gianfranco Goria per la serie Fumetto su Fumetto – 2022

L’Avventura si sviluppa in una doppia dimensione “differenziale”: quella della distanza fra l’esperienza quotidiana e quella del racconto e quella tout-court fra reale e immaginario. La differenza è principio base, perché il fascino dell’Avventura, la sua capacità di suggestione, si basa su un effetto di spiazzamento del lettore, che viene innanzitutto strappato via dal quotidiano, perché possa assumere uno sguardo sulle vicende raccontate quanto più possibile alleggerito dalla zavorra dell’abitudine, dei pensieri e delle opinioni assorbite dall’ambiente. Questo dislocamento forza la perdita di orientamento morale e percettivo, cosicché le cose, tanto gli oggetti quanto i comportamenti, perdono la loro identità immediata e siamo costretti a osservarle come fossero nuove, a conoscerle nuovamente. Questa nuova posizione rispetto alle cose funziona come una centrifuga o un catalizzatore e ci consente – a volte ci costringe – a separare le varie componenti della nostra visione del mondo: ciò che senza stimoli potremmo pensare come un tutto indivisibile e immodificabile (il nostro essere, i nostri pensieri, le nostre opinioni, le nostre emozioni) si rivela composito e capace di evolvere, frutto del possibile e non dell’inevitabile.

In questa visione, la sfida principale del genere avventuroso è quindi restituire, attraverso il racconto, la differenza e stimolare la capacità di immaginare cose nuove. Per questo, l’Avventura costruisce mondi, facendo reagire materiali raccolti da una ampia varietà di fonti: cronaca, racconti, enciclopedie, trattati. Nel caso particolare dell’Avventura per ragazzi, si aggiunge una complessità particolare, che è legata al fatto che partecipa alla formazione della visione del mondo dei suoi lettori. Quando è rivolta a piccoli lettori, l’Avventura va a braccetto con il racconto di formazione e l’uno è l’ombra proiettata dall’altra. Rivolta ai piccoli lettori, l’Avventura è un vettore pedagogico fondamentale e attraverso i racconti di avventura diventano evidenti i valori e i principi della società che genera e promuove quelle storie. La responsabilità pedagogica nasce dalla consapevolezza del valore del racconto nella formazione dello sguardo del bambino. Ed è proprio per la sua efficacia in questo ruolo che la letteratura per ragazzi è sempre stata oggetto di grande attenzione da parte delle agenzie educative. Correndo e sciogliendo enigmi attraverso paesi lontani, Tintin offriva al piccolo lettore uno sguardo sul mondo.

Il punto centrale da tenere a mente quando riflettiamo sull’Avventura è che, sviluppandosi nelle dimensioni della differenza, prima ancora che con il reale lavora con l’immaginario e stimola una sensibilità, uno sguardo, le forme e le figure stesse attraverso le quali articolare il pensiero. L’ecosistema tipico nel quale l’Avventura fiorisce e prospera è uno spazio all’interno di un immaginario collettivo, che rientra pienamente in quella «sensazione di esotismo», che Victor Segalen tratteggiò come

«nient’altro che l’idea della differenza, la percezione della Diversità, la conoscenza che qualcosa è altro rispetto a noi stessi; e il potere dell’Esotismo è nient’altro che la capacità di pensare in maniera diversa», (Segalen, 1978, p.19).

Già ai tempi in cui Segalen stese le sue bozze (fra il 1904 e il 1918), il termine “esotismo” aveva acquisito ed era largamente utilizzato con una sfumatura negativa, come sinonimo di rappresentazione stereotipata e inautentica di qualcosa di lontano dall’esperienza quotidiana. Questa deriva di significato ci indica anche un rischio tipico della lettura d’avventura: l’utilizzo di luoghi comuni che, invece di offrirci ed aprirci al confronto con il diverso, rinforzino la percezione diffusa e dominante, spesso manifestazione di una specifica cultura e ideologia. Questo ruolo dell’esotismo è messo bene in evidenza da Edward Said: lo sguardo occidentale utilizzava modelli precostituiti per descrivere un mondo strutturato spesso secondo principi irriducibili ai propri. Era lo sguardo che supportava e rinforzava un’ideologia di superiorità e che giustificava lo sfruttamento coloniale, che possiamo descrivere anche come un tipico caso di (strumentale) confusione fra mappa e territorio e di costruzione del diverso a nostro uso e consumo e non come passo in un percorso di ricerca e conoscenza.

L’Avventura, d’altra parte, sceglie di raccontare il diverso, l’altro, ciò per il quale non abbiamo parole pronte: non si tratta, quindi, “semplicemente” di creare mondi, ma spesso anche di creare un linguaggio che li renda vivi. Ed è proprio questa necessità di costruire un linguaggio che porta con sé la tentazione dell’utilizzo di stereotipi nella loro accezione di elementi espressivi, modi del discorso, raffigurazioni, conosciuti, condivisi e, quindi, efficienti perché, per essere compresi, non richiedono particolare riflessione da parte del lettore. Fra questi, nel mondo francofono precedente alla decolonizzazione degli anni ’60, rientrava la rappresentazione degli abitanti delle colonie africane come personaggi comici, ingenui, veri e propri bambini nel corpo di adulti, caratterizzati dall’incomprensione delle abitudini e delle tecnologie correnti in Europa (Costantini, 2011). Questi elementi specifici, che troviamo ad esempio in Tintin in Congo e Coke in stock, sono quindi innanzitutto marcatori culturali, che nel tempo sono anche diventati simboli di una mentalità, degli equilibri geopolitici e sociali allora vigenti, riferimenti all’epoca in cui erano realtà, con gli annessi sentimenti di nostalgia e desideri di rivalsa delle persone che in quel tempo storico vivevano e quelli stereotipi utilizzavano o subivano, magari inconsapevolmente.

Andrea Serio, omaggio a Tintin – collezione privata Goria.

(Le immagini non provengono dal volume segnalato, ma le ho giustapposte per questo articolo.)


E qui un altro estratto dal volume apparso ieri su Lo Spazio Bianco: https://www.afnews.info/w22/2022/05/12/le-avventure-di-tintin-un-meraviglioso-viaggio-alla-scoperta-di-mondi/

Bruxelles, foto Gianfranco Goria (ero lì per l'anteprima del film di Spielberg, su invito di Sua Maestà.
Bruxelles, foto Gianfranco Goria (ero lì per l’anteprima del film di Spielberg, su invito di Sua Maestà.

E se, con l’occasione, vuoi anche il mio famoso Tintin. Un giovanotto di novant’anni, citato su I Mondi di Tintin, click qui.


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